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Cedolare secca con dubbi per i negozi

L’art.1 comma 59 della L.30.12.2018 n.145 ha esteso il regime della “cedolare secca” di cui all’art.3 del D.Lgs 14.3.2011 n.23 anche ad alcune locazioni commerciali. Tuttavia l’infelice formulazione della norma ed il mancato adeguamento della modulistica e dei programmi ministeriali sta generando molte incertezze tra gli operatori.

Innanzitutto il regime agevolativo conosciuto come “cedolare secca” potrà trovare applicazione anche ai contratti di locazione, stipulati nel 2019, aventi ad oggetto immobili classificati catastalmente nella categoria catastale C/1 (“Negozi o botteghe”) di superficie non superiore a 600 metri quadrati.

Mentre non vi sono dubbi sulla natura del fabbricato in quanto è la stessa norma che richiede la classificazione nella categoria catastale C/1, nulla viene detto in riferimento alle modalità di determinazione della superficie. Al riguardo, in assenza di chiarimenti ministeriali, si ritiene che occorra prendere a riferimento la superficie catastale, calcolata come stabilito dal Dpr n.138/1998 e non quella commerciale oppure quella calpestabile. Tale dato risulta riportato nella visura catastale a fianco della consistenza.

Nel computo dei 600 metri quadrati, che costituiscono il limite per l’applicabilità della cedolare secca, non vanno computate le pertinenze le quali, però, usufruiscono anch’esse all’imposta sostitutiva se locate congiuntamente all’immobile principale.

La “nuova” cedolare secca sulle locazioni commerciali trova applicazione esclusivamente ai contratti stipulati dall’1.1.2019 al 31.12.2019.

Non si tratta, quindi, di una misura “a regime”, ma operante solo per contratti stipulati nel citato arco temporale. Occorre pertanto fare attenzione non tanto alla decorrenza contrattuale bensì alla data della sua stipula essendo escluso, ad esempio, un contratto sottoscritto a fine dicembre 2018, pur con decorrenza 1.1.2019, rientrato invece un contratto con decorrenza 1.1.2020 e sottoscritto nell’anno 2019.

Invece, la cedolare secca non potrà applicarsi ad alcun contratto di locazione di immobili commerciali già in corso nel 2018. Anzi, a scopo antielusivo viene precisato che non possono accedere all’imposta sostitutiva i contratti stipulati nel 2019 ove, alla data del 15.10.2018, risultasse in corso un contratto non scaduto tra i me­desimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza contrattuale.

Come anticipato la norma non è scritta in modo chiaro ed una interpretazione letterale farebbe pensare che l’agevolazione si applichi esclusivamente alle imposte dirette (obbligando il pagamento dell’imposta di registro e bollo in sede di registrazione). Tuttavia la relazione ministeriale, nel tener conto degli impatti finanziari conteggia il mancato versamento, oltre che dell’IRPEF, anche dell’imposta di registro e di quella di bollo.

Inoltre la stessa relazione rileva gli effetti per tutti i sei anni di durata della locazione commerciale facendo ipotizzare che l’agevolazione non si limiti all’anno 2019.

Infine, a complicare ulteriormente l’argomento, si evidenzia il mancato adeguamento del modello di registrazione RLI che, nella versione attuale, inibisce l’opzione per la cedolare secca in caso di locazione commerciale.

Pertanto, in attesa dei necessari chiarimenti, i soggetti che devono registrare in questi giorni i contratti (si ricorda infatti che i termini sono di 30 giorni dalla sottoscrizione o, se più remota, dalla decorrenza) possono optare per due diversi comportamenti.

La prima ipotesi, che potrebbe essere oggetto di censura da parte dell’amministrazione finanziaria, consiste nel registrare il contratto in esenzione da imposte ricorrendo, in mancanza di una opzione specifica, al codice 2 – esente dall’imposta di registro e di bollo – nel campo “Esenzioni” del frontespizio. In questo modo non si pagano le imposte di registro e di bollo e, in sede di dichiarazione dei redditi occorrerà optare per il regime della cedolare secca non essendo stato possibile farlo in sede di registrazione.

La seconda ipotesi, più prudenziale, consiste nel registrare il contratto di locazione con il pagamento dell’imposta di registro ordinaria riservandosi di optare, in sede di dichiarazione dei redditi, per la tassazione con l’aliquota forfetaria del 21%. Tuttavia tale comportamento potrebbe essere anch’esso contestato dall’amministrazione finanziaria in quanto, in base alla risoluzione 1.9.2017 n.115, il pagamento dell’imposta di registro esclude di fatto l’opzione per la cedolare secca.

A prescindere dalla scelta effettuata occorre in ogni caso che, prima della registrazione del contratto, comunichi per raccomandata al conduttore la rinuncia all’aggiornamento del canone ex art.3 co.11 D.Lgs 23/2011.

Vista l’incertezza della norma si auspica che l’Agenzia delle Entrate intervenga quanto prima con i necessari chiarimenti e che faccia salvi i comportamenti, eventualmente errati, posti in essere antecedentemente.

Rivoli, 13.1.2019

Stefano Spina