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Cedolare secca – via libera al canone variabile

La generalizzata crisi economica sta stimolando nuovi accordi commerciali che, nel campo delle locazioni commerciali, si possono concretizzare in una determinazione del canone in tutto od in parte basato su parametri economici del conduttore. Solitamente, a tal fine, vengono presi a riferimento i ricavi del punto vendita in quanto, in questo modo, si trasferiscono sul locatore eventuali rischi connaturati all’attività esercitata nell’immobile oggetto di locazione.

Tali pattuizioni sono solitamente viste come opportunità commerciali da parte del locatore in quanto, se i ricavi salgono crescerà anche il canone corrisposto; viceversa, se i ricavi scendono, diminuirà anche l’affitto permettendo probabilmente al conduttore di “sopravvivere” e prepararsi per una futura campagna commerciale migliore.

Tale formulazione contrattuale è stata oggetto di numerosi approfondimenti sia da parte della dottrina che della giurisprudenza. Infatti l’art.32 della L.392/78, in tema di locazioni di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, ha previsto la possibilità di aggiornare annualmente il canone originario esclusivamente sulla base delle variazioni del potere di acquisto del denaro. Al riguardo la variazione massima prevista, per i contratti la cui durata non supere 6 anni, è pari al 75% della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’ISTAT.

Al riguardo la Corte di Cassazione, con la sentenza 5849 del 24 marzo 2015, ha confermato il principio della “libera determinazione convenzionale del canone locativo” ritenendo lecito un importo non “uniformemente determinato per tutti gli anni di durata del rapporto potendo essere tali eventuali variazioni predeterminate” in quanto l’unico limite posto dalla norma riguarda “la determinazione privatistica della misura della indicizzazione”.

Successivamente, con la sentenza 21.6.2017 n.15348, la stessa Corte di Cassazione ha precisato che gli aumenti graduali del canone sono leciti purché espressamente riferibili ad elementi oggettivi predeterminati ed indicati nel contratto stesso. Tuttavia le motivazioni poste a base dell’aumento scalettato devono essere indipendenti dalle variazioni annue del potere d’acquisto della moneta e devono permettere di escludere l’intento simulato del locatore di neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria (Cass. 14.3.2017 n.6474).

Preso atto della liceità dei canoni “variabili o scalettati” occorre capire come queste formule possano coesistere con il regime della cedolare secca di cui all’art.3 DLgs 23/2011, esteso, a determinate condizioni, anche alle locazioni commerciali stipulate nell’anno 2019.

Infatti il comma 11 dell’art.3 DLgs 23/2011 prevede che, in vigenza dell’opzione, sia sospesa “la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista dal contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT”.

La soluzione viene data dall’Agenzia delle Entrate la quale con la risposta n.340 del 23.8.2019 affronta la liceità dell’opzione della cedolare secca in presenza di un contratto di locazione per immobile commerciale il cui canone annuo è costituito da una quota fissa ed una quota variabile calcolata in percentuale ai ricavi del punto vendita della società conduttrice eccedenti una determinata soglia.

In base a tale documento occorre distinguere tra aggiornamento del canone, che serve per neutralizzare le eventuali variazioni del potere di acquisto della moneta ed è espressamente disciplinato dall’art.32 della L.392/78, e variabilità dello stesso rientrante invece nella libertà accordata alle parti di determinare il contenuto del contratto di locazione. Secondo l’Agenzia solo l’aggiornamento del canone rientra nel campo di applicazione del comma 11 dell’art.3 DLgs 23/2011 inibendo l’opzione per la cedolare secca mentre la previsione contrattuale di una quota variabile del canone collegata al fatturato del conduttore non impedisce, in presenza degli altri requisiti, l’esercizio dell’opzione stessa.

Tale chiarimento risulta oltremodo prezioso proprio per l’evoluzione dei contratti citata in premessa e si ritiene possa anche essere applicato anche ai contratti con “canoni scalettati” ove gli incrementi (o decrementi) sono già contrattualmente fissati nel corso degli anni, fattispecie questa che si può verificare anche nelle locazioni abitative a canone non concordato.

Occorre infine ricordare che, per il corretto esercizio dell’opzione, il locatore deve dare preventiva comunicazione al conduttore, con lettera raccomandata, con la quale dichiara di rinunciare ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 4.6.2012 n. 20, ha chiarito che tale obbligo non sussiste se il contrato contiene già un’espressa rinuncia, da parte del locatore, alla fa­coltà di richiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo.

 

Stefano Spina